con Gianni Braghieri, Gianmarco Ciocca, Franco Marchesotti, Miguel Oks, Massimo Scheurer e Luigi Uva
Torino, 1984-1987
Il palazzo degli uffici GFT di Torino segue planimetricamente il reticolo della pianta cartesiana della città: esso occupa circa un quarto dell’isolato compreso tra corso Emilia e corso Giulio Cesare.
L’angolo della costruzione è tagliato come nel Plan Cerdà di Barcellona così che l’edificio ha come un fronte privilegiato verso Porta Palazzo. Lungo corso Emilia, l’edificio si ricongiunge con il vecchio edificio GFT, che viene restaurato, mediante un ponte che collega i due blocchi. Nello spacco tra i due edifici si trova la portineria o guardia in ferro e cristallo di sicurezza curvato; essa diventa la cerniera tra i due blocchi ma anche il ‘fuoco’ del percorso lungo corso Emilia.
L’edificio presenta la pianta libera (open space) che permette un ritmo regolare delle finestre che si succedono con uguale spanditura lungo tutto il corpo.
L’architettura della costruzione è determinata dalla facciata singolare, d’angolo verso Porta Palazzo, costituita da due grandi colonne di ferro che sorreggono una trave in ferro su cui grava una torre in mattoni senza aperture. A queste due colonne fanno capo due porticati che si sviluppano lungo i due corsi e sono fermati, ai loro estremi, da due torri della stessa altezza della torre principale. Anche questi sono in mattoni, senza aperture, e sorretti da una grande trave in ferro che appoggia sui muri laterali.
Una particolare importanza ha la costruzione del pilastro in ferro e della pietra che determina l’alto basamento continuo. La pietra è Verde d’Oropa, la stessa del grande santuario piemontese d’Oropa e di altre costruzioni torinesi. Tra questa e il mattone è posto un cornicione in laterizio che si ricollega ai cornicioni dei palazzi torinesi dello Juvara e dell’Alfieri. La copertura è in lastre di rame con volumi che sviluppano il tipo della mansarda francese, ma che seguono tutta la sezione del tetto.