con Marco Brandolisio, Giovanni da Pozzo, Marc Kocher e Giovanna Vercelloni
Milano, 1991-1993
Il progetto di massima è controllato (in senso statico ed estetico) da una maglia di pilastri che nella loro razionalità diventano elementi di un lungo colonnato la cui uniformità è spezzata dalla porta d’ingresso e d’uscita, dai ponti dove passano i bagagli e dalla grande superficie vetrata a più piani.
È importante notare come sia stata la nostra maggiore preoccupazione quella di non interferire con le opere edilizie nella vita già convulsa dell’aeroporto.
L’impostazione delle facciate principali è necessariamente di vetro, ma dove il vetro diventa finestra della casa o del laboratorio. È il privilegio di una grande struttura che i nostri ingegneri hanno studiato valorizzando e potenziando l’architettura.
Grande e magnifico edificio diventerà sempre più l’aeroporto; grande e magnifico per quel potere di accogliere la gente in grandi strutture e trasformare le grandi strutture in luoghi di vita diversa e variata.
La città moderna non necessita di nuovi rumori (ne ha troppi) ma nel contempo ha bisogno di quegli stimoli che ne rappresentano il progresso.
Sono convinto che l’aeroporto sia oggi uno di questi stimoli. E anche l’uso delle pareti interpretate dall’architetto Vercelloni come nuove figure aperte verso la città può essere un elemento affascinante. D’altro canto le immagini al neon prospicienti il duomo di Milano sono esempio di quanto sia possibile rappresentare il nuovo.